IN CAPO AL MONDO – in viaggio con Walter Bonatti
IN CAPO AL MONDO
in viaggio con Walter Bonatti
di Luca Radaelli e Federico Bario
con Luca Radaelli
Maurizio Aliffi alla chitarra
immagini e ripresa video a cura di Paola Nessi
tecnica Graziano Venturuzzo e Matteo Binda
Lecco, la città dove sono nato, è una delle capitali mondiali dell’alpinismo. A Lecco tutti vanno in montagna, parlano di montagna. Io amo la montagna, ma ho scelto di occuparmi di teatro. Qual è il nesso?
Carlo Mauri, un grande alpinista lecchese, diceva: “l’avventura, l’amore e l’arte sono le tre cose che ti fanno battere il cuore”.
L’incontro con Walter Bonatti è avvenuto, non a caso, in una sala teatrale in una serata a lui dedicata: incontravo un eroe del nostro tempo. Che cos’è un eroe? Chi conduce una vita esemplare, e quale vita è più esemplare di quella di Bonatti? Ma dietro ogni vita ci sono mille contraddizioni, così ho voluto scavare per capire. Per trovare l’uomo, come avrebbe detto lui.
Racconterò l’epoca degli alpinisti pionieri, priva di grandi sponsor e di grandi mezzi tecnologici. Racconterò le grandi scalate del Dru, del Cervino, del Gasherbrum IV, i successi internazionali così come le sconfitte: la tragedia del Monte Bianco e quella sfiorata del K2. Il passaggio dall’esplorazione in verticale a quella in orizzontale, nel vasto mondo. La celebrità, l’amore, la morte.
Dietro Walter Bonatti non ci sono solo le leggendarie imprese alpinistiche o le celebri esplorazioni condotte per Epoca, dietro Bonatti c’è una filosofia di vita. C’è la volontà di arrivare alla meta senza compromessi, in un confronto leale con la Natura. C’è la curiosità, la voglia di conoscere, quella che condusse Ulisse oltre le colonne d’Ercole. C’è l’umiltà di confrontarsi con culture diverse dalla nostra, magari da noi considerate arretrate e invece più sagge perché in armonia con gli elementi naturali. C’è un grande senso della giustizia, quello che portò Bonatti a lottare per cinquant’anni, ostinatamente, per ristabilire la verità sulla spedizione del K2.
Perché sono gli uomini a incrinare l’armonia del mondo, con le invidie, le falsità, gli opportunismi. L’ideale di Bonatti è invece un ideale di purezza.
Così, ripercorrendo la vita di un uomo, noi compiamo una riflessione sulla vita di ogni uomo. Ognuno di noi, anche se non arriverà a compiere le imprese di Bonatti, si dovrà confrontare con le proprie sfide, con i propri traguardi, dovrà scegliere tra la purezza e il compromesso, tra la giustizia e l’opportunismo. Ognuno di noi dovrà ricordare che non si è fatti “per viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.
VIDEO
RASSEGNA STAMPA
Ho potuto dedicare la mia attenzione alla tecnica narrativa, all’impianto drammaturgico: che, va detto, funziona bene, coinvolge, svela anche particolari inediti. E va dato merito dunque alla compagnia Teatro Invito, per aver messo in scena questa particolare storia privata e pubblica, parte integrante dell’immaginario nazionale, eppure un po’ rimossa. Radaelli è bravo, sapientemente tiene ritmi e tensioni.
Andrea Porcheddu, glistatigenerali.com
L’attore passa con naturalezza dalla terza persona alla seconda, fino a immedesimarsi, in prima persona, nei momenti più drammatici, nello stesso Bonatti, sortendo effetti di commozione violenta, che il pubblico esorcizza con lo scoppio di un fragoroso applauso a scena aperta.
Claudio Facchinelli, corrierespettacolo.it
Federico Bario e Luca Radaelli hanno voluto ricreare una terra vergine di emozioni. Sentirsi davvero bambini contro l’ignoto, e guardare alle avventure di Bonatti quasi a bocca aperta. Un po’ con gli occhi dei piccoli e un po’ con gli occhi dei grandi. Il testo è costruito come contrapposizione fra queste parentesi di indole purissima e contatti con una società contaminata.
Renzo Francabandera, PAC paneacquaculture.net
La creazione musicale di Maurizio Aliffi non è mai colonna sonora ma emozione ambientale. Né intermezzo né commento, è una nota flebile per niente invasiva. Le luci sono così vere che pare d’essere davvero in montagna, di sentire il gelo notturno che congestiona e il sole del mattino che rimette in circolo il sangue restituendo la vita. Affascinanti le immagini proiettate: sequenze di deserto o d’acqua, di bosco o di cime innevate. E l’attore a muoversi dentro, in una fusione panica. Il testo è luminoso e a tratti poetico. Sul piano recitativo, risalta la voce di Radaelli, sorprendentemente calda e musicale.
Vincenzo Sardelli, rivista Scuola e amministrazione
Un ritratto inedito dell’alpinista reso con la bravura di chi lo ha studiato e non ha voluto cadere nella tentazione di interpretarlo ma di rispettarne la figura, rendendo omaggio al suo amore per la montagna, al suo spessore umano e sportivo, caratterizzandolo con sfumature inedite. Ripercorre la sua vita con un senso del rispetto che lo fa rivivere senza alterarne l’essenza: il suo rapporto esclusivo con l’avventura.
Roberto Rinaldi, rumorscena.com
Radaelli è un interprete essenziale, ha trovato molto di sé in questo incontro, lo incarna, lo carica sulle proprie spalle, come un allievo che ha fatto interamente proprio il maestro. Non ne fa un ritratto scontato. Ha trovato un suo Bonatti, ha aperto una sua via. Tra arte e avventura c’è una relazione autentica, una ricerca intensa dell’umano. Così ci restituisce un grande incontro, possente come una montagna, travolgente come una bufera, dolce come un alba in vetta.
Roberto Rampi, vorrei.org
Uno spettacolo di narrazione che appassiona e a tratti commuove, dove l’azione scenica diviene vivida interpretazione di una delle pagine più esaltanti del nostro Paese nella vita di un suo protagonista.
Claudio Elli, puntoelineamagazine.it
Lo spettacolo è un omaggio pieno di ammirazione e di sensibilità per un uomo che mise alla prova il fisico in imprese eccezionali. Un video mostra gli scaffali della biblioteca di Bonatti, popolati dai grandi classici d’avventura, viaggi letti, immaginati e sognati da ragazzo e poi da adulto, viaggi di parole che ispirarono altri viaggi che ispirarono a loro volta altre parole, le sue e quelle di Radaelli e queste nostre, come anelli di una catena che si chiama cultura.
Saul Stucchi, alibionline.net
Non basta avere una storia fantastica da raccontare per fare del buon teatro, ma Federico Bario e Luca Radaelli hanno creato un’opera commovente e viva che ha catturato ed emozionato tutta la sala con un racconto diretto ma intenso scaturito dall’incontro di Radaelli proprio con Bonatti, un anno prima che morisse, in teatro.
Enrico Giussoni, assesempione.info
Tanto semplice quanto creativa ed efficace la scenografia, una serie di scatoloni che, di volta in volta, diventano montagne da ricostruire. Splendide le immagini, indimenticabili i video inseriti nello spettacolo. Attraverso il mappamondo che scorre sul corpo, Radaelli-Bonatti, percorre l’intero mondo negli angoli allora meno conosciuti, per scoprirne natura e segreti, ma solo per raccontarli nei grandi reportage di Epoca e nei suoi libri. Come aveva fatto nella sua vita.
Sergio Perego, Il Giorno